2025 – Paola Frapolli
Calle Suipacha, 27

Paola Frapolli

«Leon L. affirmait qu’il n’y avait qu’une chose de plus épouvantable que l’Épouvant : la journée normale, le quotidien, nous-mêmes sans le cadre forgé par l’Épouvant.»
(P. RAWICZ, Le sang du ciel)

 

Parigi, 17 luglio 1950

Gentile Julio,

spero che la mia lettera La trovi in buona salute.

A Parigi sembra già autunno. Le foglie dei platani degli Champs-Elysées da qualche giorno sono intrise di riflessi arancioni. Alla luce del sole le vedo poco perché conduco finalmente una vita assai più mondana e notturna di quella in Argentina: mi sembra quasi di rivivere una seconda adolescenza. Il mio francese, studiato solo sui libri (ne avrà magari visti alcuni lì nel mio salotto) e praticato in questi ultimi tempi ici à Paris, mi permette di frequentare senza sensi di colpa ogni luogo della città dove mi senta a mio agio. Conosce il Café de Flore? È davvero un posto delizioso e romantico. L’altro giorno mi ha offerto un caffè un signore colto e gentilissimo, certo con idee un po› bizzarre, che mi ha invitata a una sua prossima conferenza sulla crudeltà in letteratura, o qualcosa del genere.

Oggi con un brivido mi è tornata alla mente la nostra ultima amabile conversazione sulla musica di Schönberg, e sulla “Verklärte Nacht” in particolare, quando avevo trovato il coraggio di confessarLe di essere alla ricerca di un mio io interiore frivolo e sbarazzino, meno ligio alle etichette e ai doveri casalinghi di donna ammodo. Mi ero sentita spesso prigioniera, negli ultimi anni, dentro il mio appartamento di Via Suipacha. Spero che Lei vi si stia trovando bene, invece, e che la convivenza con la mia dolce Sara, anzi, la “nostra” Sara, proceda armoniosamente. In effetti è di lei e non di me che volevo parlarle. Sappia che è soltanto per discrezione e buona educazione che Sara finge di non vedere e non sentire. Sara sa, e io pure. Mi è giunta ieri una sua lettera: so tutto ciò che succede lì e volevo rassicurarLa, caro Julio, sul fatto che trovo la Sua sensibilità per i coniglietti che Le funestano la vita un segno di tenerezza d’animo. Non li nasconda più. Li lasci pure scorrazzare in casa mia. Sono sicura che prima del mio ritorno avrà cura di porre riparo a eventuali rosicchiature ai mobili, macchie sul parquet, graffi alle porte. Quanti sono? Sei? Sette? Quasi tutti bianchi, vero? Sara ha visto come nascono. Dallo spioncino della serratura di camera sua ha assistito alla scena, due o tre volte, e si è commossa. Rallenti il Suo cuore e non provi imbarazzo, io non giudico né trovo strano o pazzo chi vomita conigli. Partorisco scarpe da quando ho avuto le mestruazioni la prima volta. Ogni mese un paio. Gemelle identiche intrise di fluido e di placenta. Quattordici giorni esatti dopo il ciclo, tra le sedici e le diciotto e trenta, soffro le doglie e ovunque mi trovi devo cercare un bagno. Grido e tiro pugni macchiando di sangue le pareti piastrellate e dopo qualche minuto una punta esce. Quando si presenta per primo il tacco è un problema ma sono diventata esperta a estrarre la scarpa senza procurarmi lacerazioni profonde che richiederebbero l’intervento di un medico.

Deve sapere che quando Lei va al lavoro, Sara, che possiede un passe-partout per tutte le camere, entra nella Sua e già gioca a liberare le bestioline, dà loro delle carote da sgranocchiare e prima che Lei ritorni rimette quei morbidi batuffoli nell’armadio, sollevata dal fatto che ci staranno soltanto poche ore. Ella cerca di terminare le faccende e ritirarsi in camera più presto che può così che Lei possa illudersi di liberare i conigli dalla loro notte quotidiana. Ovviamente la dolce Sara non Le dirà nulla di tutto questo, è troppo riservata; perciò Le scrivo e spero che la mia lettera Le arrivi al più presto, così che possiate occuparvi tutti e due in serenità dei coniglietti ponendo fine alla vostra reciproca ridicola omertà.
Ho una sola preoccupazione: che farete di quei coniglietti una volta che saranno cresciuti? Li venderete per la carne? Darete loro campo libero al Jardin Botánico? Le confesso che questa seconda soluzione mi farebbe più felice, anche se mi rendo conto del danno ecologico che questo gesto causerebbe. Forse potreste cercare loro casa presso persone anziane e sole, che accudendoli tornerebbero ad avere uno scopo nella vita oltre al solo tirare avanti aspettando la morte. Io le scarpe qualche volta le regalo alle amiche dicendo che le ho comprate ma mi stanno strette, oppure le vendo a ricche signore dell’alta borghesia, soprattutto quando le partorisco eleganti e impreziosite da pietre rare. Le prometto che se un giorno partorirò un paio di scarpe da uomo della sua misura glieLe regalerò. Finora ho sempre dato alla luce solamente scarpe da donna e qualche volta piccole e graziose calzature da bambina – oh, che parti veloci e indolori quelle volte! – tutte fiocchi e lustrini.

Non si disturbi a rispondermi. Tra una decina di giorni mi imbarcherò sulla nave per fare ritorno a Buenos Aires ed è probabile che la Sua lettera si incrocerebbe con il mio viaggio.

Come concordato, al mio arrivo agli inizi di settembre Lei avrà già lasciato il mio alloggio, ma spero non mi trovi sfacciata se La inviterò a bere un caffè nei giorni a seguire così mi racconterà tutto dei coniglietti. Gli uomini di qui, se permette lo sfogo, mi hanno stufata: da quando la mia poitrine è divenuta più prosperosa grazie alla mia passione per croissants, baguettes e macarons, appena entro in un Café non mi mollano gli occhi di dosso. Sarà piacevole per me ritrovare la complicità di un uomo che per prima cosa, magari dopo avermi appena sfiorato una guancia con un bacio, guardi le mie scarpe e non il mio seno.

Sua
Andrée